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Visualizzazione dei post con l'etichetta Grammatica

📌… e tutte le cose che non diciamo

Scrivere con i puntini di sospensione I puntini di sospensione sono diventati parte della nostra vita. Li trovi ovunque: nelle chat, nei messaggi, nei post, nei commenti, nelle note vocali trascritte in fretta. Sono diventati un’abitudine. Una scorciatoia. Un modo per lasciare in sospeso, per alludere, per non prendersi la responsabilità di chiudere una frase. «Vediamo…» «Boh…» «Come vuoi tu…» Ma scrivere è anche decidere. E i puntini, se usati troppo, smettono di suggerire il non detto e iniziano solo a confondere. Grammaticamente, i puntini servono per interrompere. Per creare attesa, esitazione, silenzio. Narrativamente, sono uno spazio bianco che dice più di mille parole. Ma proprio per questo, vanno usati con rispetto. Tre puntini veri hanno un peso. Sono un respiro trattenuto, uno sguardo che si abbassa, una parola che rimane in gola. E non ce ne vogliono cinque, o dieci, o quindici. Ne bastano tre. Sempre. Non è un effetto grafico: è un gesto preciso. Un accordo col lettore. Ric...

🖋 La verità che non sai di sapere

A volte scrivo pensando di avere tutto sotto controllo. So dove voglio andare, conosco il finale, ho già deciso cosa dire. Poi, all’improvviso, una frase scappa dalle mani. Non era prevista, non l’avevo pensata. Eppure è lì, sulla pagina, come se fosse sempre stata lì. La guardo e mi chiedo: “Ma questa da dove è uscita?”. E capisco che non è uscita: era già dentro. Solo che non avevo ancora il coraggio, o le parole, per portarla alla luce. Scrivere, a volte, è proprio questo: scoprire verità che non sapevi di sapere. E non è sempre piacevole. Ci sono frasi che ti spogliano più di uno sguardo, e verità che avresti preferito ignorare. Ma una volta scritte non puoi far finta di niente. La scrittura non inventa tutto. Scava. E quello che trova non è sempre nuovo.  È antico, come un segreto custodito troppo a lungo.

🌀 Il climax: quando il fiato si fa corto

Il climax è il momento di massima tensione all’interno di una storia. Il punto più alto della montagna, quello in cui tutto sembra sul punto di esplodere o cambiare per sempre. Scrivere è come scalare. Non sai esattamente dove stai andando, ma sai che deve succedere qualcosa. Che stai salendo. Che ogni frase aggiunge quota. Che il respiro si fa più corto. Il climax non è solo “il momento più intenso della storia”. È il momento in cui tutto il resto non basta più. Le mezze misure non servono. I personaggi smettono di fingere. Qualcuno cade. Qualcuno urla. Qualcuno, finalmente, dice la verità. Non sempre è una scena d’azione. A volte è uno sguardo. Una confessione. Un silenzio che pesa più di tutto il resto. Il climax è quella pagina in cui il lettore smette di respirare, e anche chi scrive ha il cuore che batte un po’ più forte. È la curva più ripida. È il momento in cui non si torna indietro. E dopo? Dopo si scende. Ma mai nello stesso modo in cui si è saliti. ✏️ Esercizio: Scrivi una...

📖 Il congiuntivo che ci guarda deluso

C'è un momento preciso in cui capisci che stai diventando adulto. Non è quando paghi l'affitto. Non è quando ti compri un'automobile. È quando cominci a usare bene il congiuntivo. "Se io sarei felice..." No, amore mio. Non sei felice. Sei confuso. Il congiuntivo non è un capriccio da maestrine. È la grammatica del dubbio, della possibilità, della paura, della speranza. È il modo verbale delle emozioni complesse. È il modo di chi sa che la realtà non è una linea retta, ma un punto interrogativo. “Vorrei che tu capissi.” “Temo che non venga.” “Credo che potremmo farcela.” È musica, non matematica. Chi scrive non può farne a meno. Perché chi scrive, se scrive davvero, sta sempre un po' tra ciò che è e ciò che potrebbe essere. Il congiuntivo serve a stare lì in mezzo. A non decidere subito. A sentire. È la forma verbale di chi non ha certezze, ma ha il coraggio di cercare.  Di chi non impone, ma propone.  Di chi non dice: “È così”, ma sussurra: “E se fosse così?” ...

: Il potere dei due punti

 ( Quando vuoi dire qualcosa, ma vuoi che arrivi come un colpo secco. ) C’è un momento, nella scrittura, in cui qualcosa sta per succedere. Un respiro. Una tensione. Qualcosa da dire che deve arrivare dritto. È lì che entrano in gioco loro: i due punti. Spesso sottovalutati, spesso confusi con un elenco della spesa. Ma i due punti non servono solo a introdurre un elenco. Servono a preparare il colpo. > Scrivere è come respirare: necessario. Non mi ascoltava: urlavo solo dentro. C'era solo una cosa da fare: andare via. I due punti sono la stretta prima dello strappo. La mano che ti prende prima di mollarti in una verità. Un piccolo tamburo. Una pausa che promette. Nella grammatica, introducono una spiegazione, una conseguenza, una rivelazione. Nella vita, spesso fanno lo stesso. E nei dialoghi? Anche lì sono preziosi. I due punti indicano che sta per parlare qualcuno, in modo chiaro e pulito. Specie nei testi teatrali, ma anche nella narrativa asciutta: > Lei disse: «Non è com...

📝 Gli errori da Bischeri

(E come evitarli, se vuoi scrivere senza fare figuracce) Chi erano i Bischeri? A Firenze, " bischero " è sinonimo di ingenuo, sprovveduto, a volte proprio sciocco. Ma non nasce a caso. I Bischeri erano una ricca e potente famiglia fiorentina, i cui terreni sorgevano lì dove oggi si trova il Duomo di Santa Maria del Fiore. Quando la città decise di costruire la Cattedrale, i Bischeri rifiutarono di vendere, sperando in un’offerta migliore. Risultato? I loro edifici furono distrutti da un incendio, persero tutto e dovettero scappare. E così, da secoli, a Firenze si dice: “Non fare il bischero.” Come dire: non fare errori stupidi per presunzione o disattenzione. E nel mondo della scrittura, ce ne sono tanti. Eccoli. --- ✍️ Gli errori da Bischeri (che rovinano anche i testi più belli) 📌 1. “Un’ amica” con l’apostrofo staccato ❌ Un’ amica ✅ Un’amica 👉 L’apostrofo non si separa mai dalla parola che accompagna. È un tutt’uno. Niente spazio. --- 📌 2. "Un altro" con l’apo...

, La virgola

Virgole .  Quelle che ti portano da un’altra parte. Le virgole sembrano niente. Un soffio. Un'interruzione minima. E invece possono cambiare tutto. Possono salvarti. O condannarti. Farti respirare. O trattenere il fiato. Una virgola messa bene dà ritmo. Una messa male, confonde. Una virgola può dividere due amanti. O farli incontrare. Può dirti: “Aspetta.” Oppure: “Adesso.” 📚 “Chi è ferito, vada avanti!” 📚 “Chi è ferito vada, avanti !” Stesse parole. Ma la virgola cambia tutto. Nel primo caso, chi è ferito è invitato ad andare avanti. Nel secondo, chi è ferito è invitato, neanche troppo garbatamente, ad andarsene. È solo una virgola. Ma sposta il senso. E la direzione. Chi scrive lo sa. Che le virgole non servono solo alla grammatica, ma al senso. Alla voce. Alla musica della frase. Una virgola può fare la differenza tra dire tutto, o dire troppo. Tra suonare bene, o sbattere contro un muro. Io ci ho messo anni a capire quando metterle. E forse non l’ho capito ancora. Ma le sento...

● Il punto

(Per chi scrive senza fermarsi mai) Il punto è sottovalutato. Snobbato. Lo considerano il più semplice, il più banale. Ma è il segno più forte di tutti. È il coraggio di dire: basta così. Il punto è una porta chiusa. Una decisione. Un taglio netto che separa un prima e un dopo. E non è facile, no. Perché mettere un punto vuol dire fermarsi. Prendere fiato. Accettare il silenzio. Dire “questa frase è finita”. E questo, per chi scrive, spesso fa paura. Molti lo evitano. Scrivono frasi lunghissime, piene di virgole e congiunzioni. Come se fermarsi significasse morire un po’. Ma il punto dà senso a tutto il resto. Una frase, per essere potente, ha bisogno di finire bene. Come una canzone. Come un amore. Il punto fa brillare quello che c’è prima. Lo isola. Lo protegge. Lo rende definitivo. Il punto è anche un attimo di silenzio. Una pausa, come nella musica. Serve a far riflettere chi legge. A lasciare che le parole risuonino. Io ho imparato ad amare il punto con fatica. All’inizio mi sembr...

; Il punto e virgola: quel mezzo respiro che nessuno usa mai

Il punto e virgola è come quel parente zitto alle cene di famiglia: non lo invita nessuno, ma se lo ascolti bene, è il più saggio di tutti. Non è un punto. Non è una virgola. È quel mezzo respiro che ti serve quando stai dicendo due cose collegate, ma non vuoi buttarle nello stesso sacco. Non è lì per spezzare il fiato. È lì per dare una pausa carica di senso. --- Quando usarlo? Quando vuoi separare due frasi complete, ma connesse tra loro. Quando la virgola è troppo poco, ma il punto è troppo. 📌 Esempio: Scrivere mi salva; non so bene da cosa, ma lo fa. Senza punto e virgola sarebbe: Scrivere mi salva. Non so bene da cosa, ma lo fa. 👉 Troppo secco. Troppo distaccato. Con la virgola sarebbe: Scrivere mi salva, non so bene da cosa ma lo fa. 👉 Ma no, si impasta tutto. Il punto e virgola è lì per tenere insieme, ma dare spazio. Come chi ama, ma sa anche restare in silenzio. --- Non serve abusarne. Anzi: usalo una volta ogni dieci pagine, ma usalo bene. E vedrai che potenza.

🎤 Dialoghi & punteggiatura

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(ovvero: come mettere bene le parole in bocca ai tuoi personaggi) Scrivere dialoghi è una delle cose più difficili, un po' per quello che i personaggi dicono e soprattutto per come lo dici tu, che scrivi. Dove metti i segni. Come li metti in pagina. Io faccio ancora casino. E soprattutto ho capito una cosa: devi scegliere un sistema e tenerlo fino alla fine. Coerenza, sempre. È più importante della perfezione. 🧱 Quali sistemi esistono? 1. Caporali («…») → usati da Einaudi, Sellerio, Arbor (che ha pubblicato me), Bompiani. 2. Virgolette doppie (“…”) → usate spesso nei romanzi amamericani, Feltrinelli, Mondadori le tollera. 3. Trattino lungo all’inizio di ogni battuta (—) → amato da Adelphi. 🔑 Non mischiare. Scegli uno e portalo avanti. Se usi i caporali, usa sempre quelli. Se parti coi trattini, usa solo quelli. 🗣️ Vediamoli in pratica (e con regole umane) -- 🧩 "Via Brontola è..." disse. ✅ Frase interrotta, verbo dopo. “Disse” va minuscolo, la frase è ancora viva. --- ...

🫣 Grammatica (sì, ci tocca)

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  Non sono un fan della grammatica. Sono toscano. E questo non aiuta. Abbiamo sempre la convinzione che il linguaggio giusto sia il nostro. E tendiamo a tagliare, saltare, smussare.  La C se ne va, i congiuntivi scompaiono come ladri nel buio, e a volte anche l’articolo decide di prendersi una giornata libera. Ma scrivere è anche questo: rispettare le regole, (avevo scritto tegole, Freud saprebbe il perché) come nella vita. Quelle cose noiose ma necessarie, come pagare le bollette o leggere le istruzioni della friggitrice ad aria. La grammatica non serve per sembrare intelligenti. Serve per non farsi male, per non far inciampare il lettore. La punteggiatura è il ritmo. I verbi sono le fondamenta. Non devi saperla tutta. Ma almeno devi sapere dove sbagli. E quando non sai, chiedi. Controlla. Usa il dubbio come segnalibro. Poi, dopo che sai cosa è giusto, decidi se fregartene. Ma fallo con coscienza. Come chi fuma, ma solo dopo pranzo. Come chi bestemmia, ma solo quando serve. S...