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🎤 Dialoghi & punteggiatura

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(ovvero: come mettere bene le parole in bocca ai tuoi personaggi) Scrivere dialoghi è una delle cose più difficili, un po' per quello che i personaggi dicono e soprattutto per come lo dici tu, che scrivi. Dove metti i segni. Come li metti in pagina. Io faccio ancora casino. E soprattutto ho capito una cosa: devi scegliere un sistema e tenerlo fino alla fine. Coerenza, sempre. È più importante della perfezione. 🧱 Quali sistemi esistono? 1. Caporali («…») → usati da Einaudi, Sellerio, Arbor (che ha pubblicato me), Bompiani. 2. Virgolette doppie (“…”) → usate spesso nei romanzi amamericani, Feltrinelli, Mondadori le tollera. 3. Trattino lungo all’inizio di ogni battuta (—) → amato da Adelphi. 🔑 Non mischiare. Scegli uno e portalo avanti. Se usi i caporali, usa sempre quelli. Se parti coi trattini, usa solo quelli. 🗣️ Vediamoli in pratica (e con regole umane) -- 🧩 "Via Brontola è..." disse. ✅ Frase interrotta, verbo dopo. “Disse” va minuscolo, la frase è ancora viva. --- ...

. 🗣️ Come scrivere un dialogo (vero)

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  Quando parli con qualcuno, in realtà parli anche di te. Anche se non lo sai. Ogni parola che scegli, ogni pausa, ogni frase che eviti — dice qualcosa. Nei dialoghi, come nella vita, non stai solo comunicando : stai cercando di mostrare chi sei , anche se non te ne rendi conto. Per questo, quando scrivi un dialogo, non pensare a “quello che devono dire”. Pensa a come lo dicono . Pensa a perché lo dicono. Un dialogo ben scritto non è mai solo informativo. È una finestra sull’anima del personaggio. Lui parla, ma intanto cerca approvazione. Lei risponde, ma intanto nasconde un tremore. E chi legge, se ne accorge. E non c’è solo la voce. Il dialogo è fatto anche di quello che accade mentre si parla. Lo sguardo si sposta. Una mano si stringe in tasca. Il naso sente l’odore del fumo, o della pioggia. Un rumore fuori distrae, una luce cambia, il corpo reagisce. Siamo in cinque dimensioni : la voce dice una cosa, il corpo un’altra. E lì in mezzo, nasce la verità. Vuoi scriv...

💬 Il dialogo è vivo

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Platone non scriveva saggi, né romanzi. Scriveva dialoghi. Perché è lì che le idee si accendono: quando due voci si cercano, si contraddicono, si sfidano. Nessun concetto è mai morto in un buon dialogo. Ogni verità è parziale, momentanea, ma vissuta. Vale anche nella narrativa. Quando scriviamo un dialogo, qualcosa cambia. La pagina si stacca dalla narrazione. Non c’è più il “poi”, non c’è il “dopo”: c’è l’adesso . Il dialogo non lo leggi come se fosse successo : lo leggi mentre succede . Una storia può essere tutta nel passato. Ma basta che due personaggi si parlino — o si affrontino, o si sfiorino, anche in silenzio — e la scena rinasce, ogni volta. Non racconta: vive . Un buon dialogo non serve solo a informare. Serve a far sentire . A mostrare chi sono i personaggi senza bisogno di descriverli. A rivelare ciò che tacciono più che ciò che dicono. E quando funziona, lo senti: la storia respira di nuovo. 📎 Esercizio Prendi una scena che hai già scritto. Elimina la spiegazi...