🚀 Il viaggio segreto dello scrittore



C’è un momento quando scrivi, in cui smetti di essere una persona normale.

Non te ne accorgi subito: succede piano, come un fischio nelle orecchie.

Prima ti distrai cinque secondi al semaforo.

Poi dieci.

Poi ti chiedono:

«A cosa stai pensando?»

E tu rispondi:

«A niente.»

Mentre in realtà hai appena avuto il colpo di scena che rivoluzionerà tutta la letteratura mondiale e che, per motivi inspiegabili, arriva sempre quando stai facendo la spesa o quando un cliente ti parla di fontina valdostana. 

Scrivere è un viaggio clandestino.

Un volo senza autorizzazione tra due mondi: quello fuori, fatto di email e bollette, e quello dentro, dove i tuoi personaggi ti aspettano come amici di cui non riesci più a liberarti.

E così finisci per passare più tempo con loro che con chi ti vive accanto.

Ti parlano mentre fai la doccia, ti giudicano mentre apri il frigo.

Quando scrivi, i personaggi restano in un limbo, sospesi, vivi a metà.

Si presentano nei sogni, come Atreyu e gli altri de La storia infinita, a ricordarti che senza di te il loro mondo si sbriciola.

Che sono nati da te, ma non ti appartengono.

Che finché non scrivi l’ultima parola non avranno un posto dove restare.

E quando metti il punto finale, succede qualcosa che nessuno ti dice mai.

Non è sollievo, gloria, neppure stanchezza.

È nostalgia.

Nostalgia di notti passate con persone che non esistono.

Nostalgia di un viaggio che nessun altro ha fatto con te.

Nostalgia di un mondo che hai creato e che devi lasciare andare, perché la storia è finita, e tu devi tornare alla tua vita reale.

Che però, nel frattempo, non è più la stessa.

Perché ogni romanzo che scrivi ti cambia un po’.

Ti scava.

Ti sposta.

Ti apre.

Ti lascia con una domanda che non sapevi di avere e una parte di te che non sapevi di voler conoscere.

E allora sai che presto ne scriverai un altro.

Perché lo scrittore torna sempre là:

Dentro una storia.

Dentro un mondo inventato.

Dentro la notte in cui i suoi personaggi, uno dopo l’altro, gli hanno sussurrato:

«Scrivici ancora.»

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