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Visualizzazione dei post da luglio, 2025

✍️ Perché tifiamo sempre per i più sfigati

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  (e ci piace che finisca bene) C’è qualcosa di profondo — e anche di tenero — nel nostro amore per i protagonisti sfortunati. Quelli che cominciano male. Che perdono subito. Che non hanno genitori, né soldi, né fortuna. Eppure, pagina dopo pagina, riescono a rialzarsi. E noi, come lettori, siamo lì: a fare il tifo. Aristotele, già nella Poetica, lo aveva capito benissimo. Dice che a commuoverci davvero non è chi è buono e viene premiato, o chi è cattivo e viene punito. Ma chi cade senza meritarselo, chi sbaglia per errore, chi si ritrova nel fango con tutta la sua umanità addosso.  “ Il migliore tipo di tragedia rappresenta un uomo non del tutto virtuoso e giusto che cade nella disgrazia non per malvagità o depravazione, ma a causa di un errore. ”  Aristotele, Poetica, cap. XIII Quello è il momento in cui ci emozioniamo. Perché capiamo che poteva capitare anche a noi. Chi è l’ underdog ? È il personaggio che parte in svantaggio. Che ha tutto contro, ma non si arrende. No...

✍️ Elogio della perfetta imperfezione

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(ovvero: quanto sono noiosi quelli perfetti) C’è una cosa che dico spesso: la perfezione è noiosa . Inutile girarci intorno. I supereroi senza macchia mi fanno sbadigliare. I principi azzurri sono odiosi. E nella scrittura? Peggio ancora. Non sopporto i personaggi che sono sempre forti, invincibili, altruisti, generosi. Che fanno sempre la cosa giusta, al momento giusto, con la frase giusta. Ma chi è così? Nessuno. E se esistesse, francamente, non ci interesserebbe. Ci annoierebbe. Ci farebbe sentire sbagliati. E la letteratura non serve a farci sentire sbagliati. Serve a farci sentire umani. I personaggi perfetti non imparano niente. Non sbagliano. Non inciampano. Non amano davvero. Passano per la storia come se la vita fosse un tapis roulant: tutto dritto, niente attrito. Ma noi non siamo così. Noi ci contraddiciamo. Ci aggrappiamo alle cose sbagliate. Diciamo cose sbagliate e ci sentiamo in imbarazzo Ci imbarazzano i nostri addominali da tartaruga rivesciata, i capelli che non stann...

📚 Aristotele e il cuore segreto delle storie

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(ovvero: perché la Poetica ci riguarda ancora) C’è un momento, leggendo la Poetica di Aristotele, in cui smetti di pensare all’antica Grecia. Smetti di immaginare teatri con le colonne, tuniche bianche, filosofi barbuti. E inizi a pensare a te. Alla tua scrittura. Alla tua storia. Alla tua voglia di raccontare qualcosa che tenga insieme caos e significato. Perché quello che fa Aristotele, nella Poetica, è esattamente questo: ci ricorda che scrivere è un atto di costruzione, ma anche di compassione. Che una buona trama non è solo un intreccio di eventi, ma un modo per farci sentire catarsi: quel miscuglio di paura e pietà che ci lascia migliori, anche solo per un attimo. > “L’arte non imita ciò che è, ma ciò che potrebbe essere.” (Aristotele, Poetica) Non esiste un manuale di scrittura più vero e vivo, nonostante l'età.  E no, non serve aver fatto il classico per leggerla. Basta voler raccontare. Basta sapere che ogni essere umano, da sempre, si siede accanto al fuoco per ascolta...

📖 Il congiuntivo che ci guarda deluso

C'è un momento preciso in cui capisci che stai diventando adulto. Non è quando paghi l'affitto. Non è quando ti compri un'automobile. È quando cominci a usare bene il congiuntivo. "Se io sarei felice..." No, amore mio. Non sei felice. Sei confuso. Il congiuntivo non è un capriccio da maestrine. È la grammatica del dubbio, della possibilità, della paura, della speranza. È il modo verbale delle emozioni complesse. È il modo di chi sa che la realtà non è una linea retta, ma un punto interrogativo. “Vorrei che tu capissi.” “Temo che non venga.” “Credo che potremmo farcela.” È musica, non matematica. Chi scrive non può farne a meno. Perché chi scrive, se scrive davvero, sta sempre un po' tra ciò che è e ciò che potrebbe essere. Il congiuntivo serve a stare lì in mezzo. A non decidere subito. A sentire. È la forma verbale di chi non ha certezze, ma ha il coraggio di cercare.  Di chi non impone, ma propone.  Di chi non dice: “È così”, ma sussurra: “E se fosse così?” ...

🪶 Scrivere con ironia (e perché ci salverà la vita)

 Ci sono scrittori che si prendono così sul serio che ti viene voglia di abbracciarli… per scuoterli. Ogni riga è un proclama, ogni dialogo una sentenza, ogni personaggio un profeta. E il lettore? Annega. Affoga in un mare di gravità, senza nemmeno una ciambella di sarcasmo. L’ironia, invece, è una zattera leggera, costruita con il legno dei propri difetti. Chi sa usarla non nega il dolore, ma lo guarda di sbieco. Non lo traveste da farsa, ma lo racconta senza paura di sembrare imperfetto. È onesto, eppure brillante. E poi c’è l’autoironia. Lì si fa sul serio. Perché ci vuole coraggio a dire: “Sono stato un cretino, e ti racconto come.” Non per sminuirsi, ma per liberarsi dal peso dell’ego. Chi scrive con autoironia è più umano, più vero, più vicino a chi legge. E molto, molto meno noioso. Anche nei racconti più drammatici, chi ha una vena ironica si sente, si respira. È quella brezza lieve che passa tra una pagina e l’altra e ti fa dire: “Sì, questo scrittore conosce il dolore, ma...

📌 Tutte le storie sono d’amore (anche quelle che non sembrano)

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Non tutte le storie parlano di baci. Ma tutte, in fondo, nascono da un amore . Non solo per qualcuno. Ma per qualcosa. Un’idea. Una domanda. Una ferita. Una bellezza nascosta. Una scintilla che accende la ricerca. Perché l’amore non è solo sentimento. È curiosità . È slancio verso . È azione . Quando una storia ci prende, è perché c’è dentro un desiderio. Un personaggio che cerca. Che rischia. Che perde e ricomincia. Anche in un noir, anche in un horror, anche in un saggio: c’è un cuore che pulsa. E chi scrive? Chi scrive deve essere innamorato . Innamorato di ciò che racconta. Perché solo chi ama riesce a trasmettere amore. Anche se lo traveste da rabbia. Anche se lo chiama rivoluzione. Tutte le storie sono d’amore. Anche la tua. — 🔎 E ora chiediti questo: Racconta una scena dove non c’è amore. Dove ogni gesto è meccanico, ogni voce spenta, ogni sguardo altrove. Dove nessuno cerca. Nessuno rischia. Dove tutto è già deciso, e niente vale la pena. Raccontala bene. Sentirai freddo. E ca...

🧹 Scrivere per fare ordine

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  La mia compagna è bravissima a fare elenchi. Ne scrive di bellissimi e su ogni argomento. Cose da comprare,  ricordi che fanno innamorare, emozioni da provare, parole da dire, comportamenti da evitare, sogni da non dimenticare. C'è un ordine nella sua scrittura che ho sempre invidiato. Un ordine apparente forse, e decisamente particolare. Ma è comunque un faro nel caos. Io invece, ho sempre scritto come se stessi buttando secchiate d’acqua fuori da una barca. Lei no. Lei dispone. Lei sistema. Ogni parola al suo posto, ogni spesa nella sua busta, ogni voce nel suo quaderno. E allora ho cominciato a guardare gli elenchi con altri occhi. Non più come cose banali. Ma come tentativi di salvezza. Perché anche un elenco è letteratura. Anche una lista può essere poesia. Ogni punto è una pausa. Ogni voce è un’unità di senso. È dire al mondo: “Qui c’è troppa confusione. Provo a fare un po’ d’ordine.” Scrivere per mettere ordine non vuol dire diventare perfetti. Vuol dire trovare un se...

📖 Furore - John Steinbeck

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  Quando la scrittura ti cammina addosso . Ci sono libri che non leggi. Ti leggono loro. Ti guardano in faccia e ti dicono: “Così si scrive. Così si racconta.” E tu, da scrittore, ti senti piccolo piccolo. Furore di John Steinbeck è uno di quei libri. Ti prende per le spalle e ti costringe a guardare la miseria, la fame, la dignità e la disperazione con una prosa che non si concede nulla. Niente fronzoli, niente scene madri. Solo la verità, raccontata con parole così giuste da sembrarti inevitabili. La grandezza di Steinbeck è tutta lì. Non ti urla in faccia, ti scava dentro. Con periodi semplici, ma mai banali. Con dialoghi che sembrano presi dalla bocca della terra. Con descrizioni asciutte eppure poetiche, capaci di rendere un campo di polvere più epico di mille battaglie. E poi c’è il finale. Quella scena che non anticipo, ma che ti resta addosso come un graffio, un gesto di pietà che è anche un urlo. Un finale che non chiude, ma apre. E ti insegna, senza insegnarti, che la scr...

: Il potere dei due punti

 ( Quando vuoi dire qualcosa, ma vuoi che arrivi come un colpo secco. ) C’è un momento, nella scrittura, in cui qualcosa sta per succedere. Un respiro. Una tensione. Qualcosa da dire che deve arrivare dritto. È lì che entrano in gioco loro: i due punti. Spesso sottovalutati, spesso confusi con un elenco della spesa. Ma i due punti non servono solo a introdurre un elenco. Servono a preparare il colpo. > Scrivere è come respirare: necessario. Non mi ascoltava: urlavo solo dentro. C'era solo una cosa da fare: andare via. I due punti sono la stretta prima dello strappo. La mano che ti prende prima di mollarti in una verità. Un piccolo tamburo. Una pausa che promette. Nella grammatica, introducono una spiegazione, una conseguenza, una rivelazione. Nella vita, spesso fanno lo stesso. E nei dialoghi? Anche lì sono preziosi. I due punti indicano che sta per parlare qualcuno, in modo chiaro e pulito. Specie nei testi teatrali, ma anche nella narrativa asciutta: > Lei disse: «Non è com...

📝 Perdonarsi (scrivendo)

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  Certe ferite non ce le hanno lasciate gli altri. Ce le siamo fatte da soli. Con parole dette male, decisioni rimandate, scelte sbagliate che abbiamo difeso con le unghie. Con quei giorni in cui sapevamo cosa fare eppure abbiamo fatto il contrario. A volte ci perdonano tutti. Ma noi no. Noi ci teniamo il senso di colpa come una seconda pelle. Scrivere allora diventa un modo per guardarci in faccia. Per fare pace, senza scuse. Per dire: “Sì, ho sbagliato. Eppure eccomi qui. Intero abbastanza per raccontarlo.” Non per cancellare, non per dimenticare. Ma per dare un posto alle cose. Un nome, un contorno, una voce. Una pagina bianca non ti accusa. Non ti umilia. Ti accoglie. E basta. Puoi scrivere al te stesso che eri, quello che ha sbagliato, che ha avuto paura, che non ce l’ha fatta. E dirgli: “Ti ho visto.” “Non ce la facevi.” “Ma sto cercando di perdonarti.” Non serve essere perfetti per meritarsi amore. Nemmeno il proprio. Scrivere è uno dei pochi modi puliti che abbiamo per iniz...

📚 Story - Robert McKee

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    📚 Il terzo vertice del triangolo sacro Dopo L’arte della scrittura drammaturgica di Egri (la Bibbia ) e On Writing di Stephen King (le Tavole della Legge ), “Story” di McKee è il terzo vertice del triangolo sacro per chi scrive. Se Egri ti insegna la struttura, se King ti fa amare il processo, McKee ti porta nel cuore della storia . Come se ti accompagnasse in una cattedrale e ti dicesse: “Guarda, ascolta, rispetta.” Story è molto più di un manuale di sceneggiatura. È un viaggio lucido, rigoroso e pieno d’amore per l’arte di raccontare. Vale per il cinema, certo, ma anche per chi scrive narrativa, racconti, monologhi o diari. Non ti promette formule magiche. Non ti coccola. Ti dà strumenti veri , e ti chiede onestà. McKee insiste su alcune verità sacrosante: Tutte le belle storie vivono in un mondo limitato e conoscibile. Non puoi scrivere ovunque. La tua storia ha bisogno di confini. Non è la descrizione a definire un personaggio, ma le sue scelte. La...

🧸 Scrivere per tornare bambini (e magari restarci)

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  Da piccoli si scriveva per il gusto di farlo. Perché un giorno ti svegliavi e volevi raccontare la storia di un leone e la sua amicizia con un frigorifero da picnic. O di un astronauta che si era perso al supermercato. O di una maestra che di notte si trasformava in pipistrello. E nessuno ti diceva che era “poco credibile”. Anzi, ti davano pure un bel “bravo” e i soldi per un pacchetto di figurine. Poi siamo cresciuti. E la scrittura è diventata una cosa seria. Con la punteggiatura, lo stile, il pubblico da immaginare. E intanto, il nostro drago con l’asma ha smesso di sputare fuoco. Ecco, scrivere per guarire significa anche questo: tornare a quando le storie non dovevano servire a niente. Solo a divertirti. A sentirti leggero. A inventare mondi migliori.  Non c’è cura più dolce che ridere con le parole. 📝 ESERCIZIO Scrivi una storia assurda, tenera, buffa. Con almeno: un animale parlante, un oggetto animato e un bambino che salva il mondo (o almeno il quartiere). Non chie...

📝 Gli errori da Bischeri

(E come evitarli, se vuoi scrivere senza fare figuracce) Chi erano i Bischeri? A Firenze, " bischero " è sinonimo di ingenuo, sprovveduto, a volte proprio sciocco. Ma non nasce a caso. I Bischeri erano una ricca e potente famiglia fiorentina, i cui terreni sorgevano lì dove oggi si trova il Duomo di Santa Maria del Fiore. Quando la città decise di costruire la Cattedrale, i Bischeri rifiutarono di vendere, sperando in un’offerta migliore. Risultato? I loro edifici furono distrutti da un incendio, persero tutto e dovettero scappare. E così, da secoli, a Firenze si dice: “Non fare il bischero.” Come dire: non fare errori stupidi per presunzione o disattenzione. E nel mondo della scrittura, ce ne sono tanti. Eccoli. --- ✍️ Gli errori da Bischeri (che rovinano anche i testi più belli) 📌 1. “Un’ amica” con l’apostrofo staccato ❌ Un’ amica ✅ Un’amica 👉 L’apostrofo non si separa mai dalla parola che accompagna. È un tutt’uno. Niente spazio. --- 📌 2. "Un altro" con l’apo...

✍️ Lettere dallo specchio

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  Scrivere a sé stessi è come guardarsi negli occhi dopo troppo tempo. All’inizio ti scansi. Abbassi lo sguardo. Fai finta di niente. Poi, se hai coraggio, resti lì. E guardi. Non scriviamo mai davvero a noi stessi. Scriviamo lettere d’amore a chi non ci ama. Lettere di rabbia a chi non leggerà mai. Lettere di scuse, di accuse, di rimpianti. Ma a noi? Quasi mai. Eppure siamo gli unici che ci sono sempre. Gli unici che sappiamo davvero come stiamo. Anche quando mentiamo. Scrivere a sé stessi non è una follia. È un atto di presenza. Una carezza, una sveglia, una domanda lasciata lì. “Come stai?” “Che fine hai fatto?” “Dove sei finito?” Io lo facevo molto anni fa. Senza dirlo a nessuno. Su un quaderno che nascondevo come un segreto. Non erano belle. Ma erano vere. E bastava. Scrivere a sé stessi è come lasciare biglietti in casa per quando non ci saremo. O per quando saremo tornati. È un modo per dirci: “Ti vedo. Anche se sei a pezzi. Anche se non parli. Anche se ti stai nascondendo.”...

📘 On Writing - Autobiografia di un mestiere - Stephen King

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(Quando non è solo un libro, ma un colpo di fulmine) La prima metà è carina. Davvero. Un memoir tenero, divertente, sincero. King racconta di quando era solo un ragazzino con gli occhiali spessi e le tasche bucate, delle prime righe scritte al banco di scuola, del suo amore per la scrittura quando ancora nessuno ci credeva. Ma è nella seconda parte che succede qualcosa. Si passa dalla storia alla rivelazione. Dal racconto alla lezione. È come se, a un certo punto, Stephen King scendesse dalla montagna con le tavole della legge della scrittura sotto braccio. Sì, è così potente. Ci sono regole, certo. Ma soprattutto c’è l’ossigeno. La sensazione che si può davvero scrivere bene. Che scrivere è lavoro, sì — ma è anche una forma di libertà. Che uno stile non si compra, si scava. Che scrivere, alla fine è crederci ed usare la giusta cassetta degli attrezzi. Stephen King non pontifica. Parla come uno che ci è passato. Che sa cosa vuol dire tirare avanti con le parole anche quando il frigo è ...

🎭 Il protagonista: ascesa, caduta, rinascita

Tutti parlano di arco del personaggio. Di evoluzione. Di cambiamento. Ma per me, un protagonista non deve per forza diventare migliore. Deve solo diventare più vero . Nel mondo là fuori, c’è chi crolla e basta. Chi sbaglia, chi torna indietro. Chi si perde e non si ritrova mai. Chi è antipatico, chi proprio uno stronzo. Eppure anche loro meritano di esistere, di essere raccontati. Un buon protagonista non è un eroe. È qualcuno che sente, che si sporca, che lotta con i suoi mostri. E quando cambia — se cambia — non è perché lo dice la trama, ma perché qualcosa dentro si è spezzato o acceso. Fallo imperfetto. Fallo contraddittorio . Fallo umano : con paure che non sa nominare, con errori che si porta dietro, con quelle debolezze che ci fanno dire: “Ecco, potrei essere io.” Io li amo così, i protagonisti: quelli che cominciano convinti di avere ragione e finiscono con le ginocchia a terra, ma gli occhi più aperti. Quelli che inciampano cento volte. Che cadono male. Che si rialzano, ma non...

, La virgola

Virgole .  Quelle che ti portano da un’altra parte. Le virgole sembrano niente. Un soffio. Un'interruzione minima. E invece possono cambiare tutto. Possono salvarti. O condannarti. Farti respirare. O trattenere il fiato. Una virgola messa bene dà ritmo. Una messa male, confonde. Una virgola può dividere due amanti. O farli incontrare. Può dirti: “Aspetta.” Oppure: “Adesso.” 📚 “Chi è ferito, vada avanti!” 📚 “Chi è ferito vada, avanti !” Stesse parole. Ma la virgola cambia tutto. Nel primo caso, chi è ferito è invitato ad andare avanti. Nel secondo, chi è ferito è invitato, neanche troppo garbatamente, ad andarsene. È solo una virgola. Ma sposta il senso. E la direzione. Chi scrive lo sa. Che le virgole non servono solo alla grammatica, ma al senso. Alla voce. Alla musica della frase. Una virgola può fare la differenza tra dire tutto, o dire troppo. Tra suonare bene, o sbattere contro un muro. Io ci ho messo anni a capire quando metterle. E forse non l’ho capito ancora. Ma le sento...

📚 L'arte della scrittura drammaturgica

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( ovvero: la bibbia per chi scrive storie vere ) Ci sono libri che ti spiegano “come si scrive”. E poi c’è L’arte della scrittura drammaturgica di Lajos Egri. Questo non ti spiega. Ti sbatte in faccia la realtà della scrittura. Niente trucchetti. Niente formule da manuale di scrittura creativa. Solo la verità più nuda e spietata: se non sai perché stai scrivendo una storia, non la scriverai mai davvero. Perché è importante? Perché ti costringe a fare i conti con il conflitto. Con la coerenza dei personaggi. Con la famosa “premessa” che tutti ignorano, ma senza la quale un romanzo è solo un sacco di eventi a caso. Egri non ti dice: “Crea un eroe e fagli vivere un’avventura.” Ti dice: “Capisci cosa vuole. Capisci perché. E poi guarda come cambia.” E lo fa con una chiarezza che scuote. A chi serve? A chi vuole scrivere una storia vera, anche se inventata. A chi si è rotto dei consigli tipo “mostra, non dire” e vuole capire come funziona davvero un personaggio. A chi si chiede: “Ma perché...

❤️ Signori, su la testa!

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  Se sei qui, è perché ami le parole. Quelle che inciampano, che si sporcano, che fanno male e fanno bene. Quelle che non hanno paura di dire. Se vuoi leggere la storia che mi ha tenuto sveglio per anni, se vuoi entrare in una testa che non si è mai rassegnata... Questo è il libro che ho scritto e pensato per tanto tempo. Il libro attraverso il quale ho conosciuto e imparato la scrittura come la intendo io. È nato a pezzi, tra silenzi, notti storte e parole che graffiano. Ma è tutto vero. Anche quando sembra surreale. Se vuoi sapere cosa vuol dire per me scrivere, se vuoi capire da dove nasce Scrivere Stanca, allora leggi questo. 📖 Signori, su la testa! Un romanzo punk, visionario, tenero e bastardo. Un grido di rivoluzione, di quelli che non si sentono più tanto spesso. Ci ho messo dentro tutto. 👉 Signori, su la testa! 🔥 davidbogani.it

● Il punto

(Per chi scrive senza fermarsi mai) Il punto è sottovalutato. Snobbato. Lo considerano il più semplice, il più banale. Ma è il segno più forte di tutti. È il coraggio di dire: basta così. Il punto è una porta chiusa. Una decisione. Un taglio netto che separa un prima e un dopo. E non è facile, no. Perché mettere un punto vuol dire fermarsi. Prendere fiato. Accettare il silenzio. Dire “questa frase è finita”. E questo, per chi scrive, spesso fa paura. Molti lo evitano. Scrivono frasi lunghissime, piene di virgole e congiunzioni. Come se fermarsi significasse morire un po’. Ma il punto dà senso a tutto il resto. Una frase, per essere potente, ha bisogno di finire bene. Come una canzone. Come un amore. Il punto fa brillare quello che c’è prima. Lo isola. Lo protegge. Lo rende definitivo. Il punto è anche un attimo di silenzio. Una pausa, come nella musica. Serve a far riflettere chi legge. A lasciare che le parole risuonino. Io ho imparato ad amare il punto con fatica. All’inizio mi sembr...

✍️ Scrivere quando non ce la fai

(e farlo lo stesso) Scrivere quando sei ispirato è facile. Scrivere quando sei in pace, pure. Ma quando sei stanco, quando non ne hai voglia, quando la testa è piena di altro — lì si gioca la partita vera. A volte arrivo alla sera che non voglio nemmeno parlare. Figuriamoci scrivere. Eppure lo faccio. Non sempre bene, non sempre tutto. Ma lo faccio. Magari solo una frase. Una nota sul telefono. Una bestemmia poetica contro il mondo. Perché scrivere non è una scelta elegante. È una forma di resistenza. Scrivere mentre la casa dorme. Scrivere in piedi, aspettando il treno. Scrivere mentre lotti con te stesso che ti dice "non serve, non vale, non uscirà mai niente di buono". E invece qualcosa esce. Sempre. Anche se è storto. Anche se lo butterai. Anche se ti dirai “che schifo”. Scrivere quando non puoi è il modo più sincero per dirti: "Tu ci sei. Ancora." Non ci sono trucchi. Solo carta. O schermo. O un muro, se serve. Ma qualcosa da scrivere, c’è sempre. 📝 ESERCIZIO ...