📚 Aristotele e il cuore segreto delle storie
(ovvero: perché la Poetica ci riguarda ancora)
C’è un momento, leggendo la Poetica di Aristotele, in cui smetti di pensare all’antica Grecia.
Smetti di immaginare teatri con le colonne, tuniche bianche, filosofi barbuti.
E inizi a pensare a te. Alla tua scrittura. Alla tua storia. Alla tua voglia di raccontare qualcosa che tenga insieme caos e significato.
Perché quello che fa Aristotele, nella Poetica, è esattamente questo:
ci ricorda che scrivere è un atto di costruzione, ma anche di compassione.
Che una buona trama non è solo un intreccio di eventi, ma un modo per farci sentire catarsi: quel miscuglio di paura e pietà che ci lascia migliori, anche solo per un attimo.
> “L’arte non imita ciò che è, ma ciò che potrebbe essere.”
(Aristotele, Poetica)
Non esiste un manuale di scrittura più vero e vivo, nonostante l'età.
E no, non serve aver fatto il classico per leggerla. Basta voler raccontare.
Basta sapere che ogni essere umano, da sempre, si siede accanto al fuoco per ascoltare una storia.
Aristotele ci insegna che la storia è forma. È ritmo. È causa-effetto.
Ma soprattutto è azione: i personaggi non si spiegano, agiscono.
E nel farlo, diventano vivi.
Anche quando sbagliano. Anzi, soprattutto quando sbagliano.
Questa è la sua lezione più potente:
non c’è tragedia senza errore.
E non c’è scrittura senza ferita.
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